Carlos Tevez, l’ex bomber argentino della Juventus e del Boca Juniors ha concesso un’intervista alla Gazzetta dello Sport in cui ha fatto il punto sul futuro della Juventus raccontando i segreti dei due allenatori bianconeri più vincenti degli ultimi anni, Antonio Conte e Massimiliano Allegri e svelando diversi retroscena anche sul mancato approdo al Milan.
MI ISPIRO A CONTE – “Sono passionale, uno che ci mette l’anima tutti i giorni. Giochiamo un calcio dinamico: pressing alto e grande attenzione alla fase offensiva. Coi miei giocatori sono un martello, ho avuto grandi maestri…Mi ispiro a Conte per la passione e l’ossessione per la vittoria, da Bielsa ho preso l’attenzione ai dettagli e da Ferguson mi porto la grande calma nella gestione del gruppo. Ma di bravi ne ho avuti tanti, penso a Mancini e Allegri. Se ne devo dire uno però, scelgo Antonio”
RETROSCENA CONTE – “Me ne viene in mente uno che fotografa alla perfezione il personaggio: lottavamo per lo scudetto con la Roma, io ero in Argentina per un problema familiare e non potevo allenarmi. Avremmo giocato coi giallorossi nel fine settimana. Prima mi disse di stare tranquillo, 3 giorni dopo mi chiese di tornare perché dovevamo vincere a tutti costi e mi voleva in campo. Per lui esisteva solo la vittoria”.
ALLEGRI – “Max è diverso, è più tranquillo. Questo non vuol dire che non sia un vincente o che non abbia mentalità. Basta vedere come si rialza da ogni momento difficile. Tutto grazie alla gestione e all’empatia che sa creare con il gruppo. È più calmo nelle situazioni, ma gli va dietro tutto lo spogliatoio”.
LA JUVE NON PUO’ FARE DI PIU’ – “La squadra ora è terza e credo non abbia i mezzi per fare di più. Siamo abituati a vedere la Juve vincere quindi ci sorprendiamo se non lo fa per qualche anno. Seguo molto la A e penso che l’Inter sia superiore e ci sia tanta distanza tra i due club. Allegri sa tirare fuori il meglio della squadra soprattutto nelle difficoltà. Anche con noi all’inizio era stato così. Poi dipenderà da cosa cerca la società”.
DERBY – “Sotto questo punto di vista l’Italia si avvicina molto all’Argentina. Ricordo una passione per la partita che iniziava settimane prima. Io ho sempre fatto bene nei apertura, la Libertadores, l’Intercontinentale e la Copa Sudamericana”.
TORNARE IN ITALIA – “L’Italia è nel mio cuore. Mi piacerebbe tanto, magari da allenatore. La A è uno dei migliori campionati al mondo e penso di dover crescere per meritarmela”.
NUOVO TEVEZ – “Non esiste… ( ride). Non ho trovato nessuno che mi assomigli, non tanto dal punto di vista tecnico, quanto da quello del sacrificio e dell’agonismo. Io mettevo il cuore in campo, davo tutto me stesso. Ora credo che questo si sia un po’ perso, non solo in Italia ma in Europa in generale”.
LAUTARO – “Lautaro senza dubbio. È dominante, fa la differenza. Poi se hai un attaccante che segna così tanto hai già una mano sullo scudetto. L’Inter è completa, ma lui è un incredibile valore aggiunto”.
LA FINALE PERSA – “La finale di Champions. Eravamo fortissimi. E io ero convinto di poterla vincere, anche se avevamo davanti il miglior Barça di sempre. Guardiamo il centrocampo: Pirlo, Pogba, Vidal, Marchisio. Ti davano la sensazione di poterti mandare in porta da un momento all’altro”.
LA 10 E POGBA – “Ricordo la cavalcata che ci portò alla finale. Poi tante cose, dagli allenamenti di Conte alla maglia numero 10. Una divisa storica. Sono contento che poi l’abbia presa Pogba, un amico oltre che un campione. Siamo molto legati e lui sa che ha tutto il mio supporto. Ma credo siano cose personali e io non sono il tipo che si mette in mezzo. Ma per lui ci sono e ci sarò sempre”.
RETROSCENA MILAN – “Dovevo andare al Milan, ma non dipese né da me né da Galliani. C’è sempre stata stima e molto rispetto. Poi ogni volta che giocavo col Milan facevo benissimo. La Juve si mosse bene, un po’ anche in segreto e riuscì a prendermi. Chissà però che le strade col Milan non si possano incrociare di nuovo. Magari da tecnico…”.